Il “Foglio volante” ha ventitré anni

    È appena uscito Il Foglio volante di gennaio 2008, primo numero della XXIII annata. Vi compaiono, fra le altre, le firme di Ilaria Cervo, Gerardo Vacana (con un ampio articolo su Cassieri), Franca Alaimo, Renato Greco, Loretta Bonucci, Sandra Cervone, Fryda Rota, Enzo Bonventre. Chi volesse riceverne una copia saggio, non ha che da chiederla (Via Annunziata Lunga 29, 86079 Venafro IS, edizionieva@libero.it, tel. e fax 0865.90.99.50).
    Riporto qui di seguito l’articolo di apertura “Natale sa di mandarino sbucciato” e il mio pezzo “I ventitré anni del Foglio


Natale sa di mandarino sbucciato

   Natale sa di mandarino sbucciato, appena colto dall’albero, che ti riempie la mano di un profumo che non si toglie.
   Ha il sapore dell’inverno, davanti al camino acceso che ti riscalda il viso e il cuore.
Natale ha il colore delle stelle, piccole fiamme, a danzare sulla volta del cielo. Ha il colore delle stelle e della Luna e del Sole.
   È la festa della vita che ricomincia, della Vita che viene e ti dice che anche tu hai diritto ad un sorriso.
   Natale ha il suono magico di una zampogna che ripete all’infinito le note di canzoni semplici, che si perdono nel ricordo di innumerevoli generazioni, eppure sempre belle e sempre capaci di suscitare nuove emozioni.
   Natale è la neve che copre i rami spogli degli alberi che, in una mattina d’inverno, si risvegliano, fioriti di bianco, in una strana primavera.
   Natale ha gli occhi curiosi dei bambini, appena schiusi alla vita; fari nella notte che brillano sulla strada di chi teme di essersi smarrito.
   Natale è la festa di un Bambino che viene per tutti i bambini. Per quelli che lo sono per davvero e per quei grandi che bambini ancora lo sono nel cuore.
   Natale è la gioia di esserci.
Non si spegne con le luci dell’albero smontato. E non confonde i suoi pastori con le altre cianfrusaglie.
   Natale, che sa di mandarino sbucciato, è l’odore di quelle bucce, che si attacca alle mani, e le profuma. A lungo…
   … a lungo… perché i bimbi sappiano conservare intatto lo stupore che illumina i loro occhi.
   E perché i grandi ritrovino il bambino che sono stati e impediscano alla polvere della noia e della stanchezza di farlo soffocare…
   Buon Natale.
   Buon Anno.
                                                                                     
Ilaria Cervo

I ventitré anni del Foglio

   Con questo numero il Foglio volante entra nel ventitreesimo anno di vita. È ormai davvero lontano quel gennaio 1986, quando esitante, timidamente, usciva il primo numero. Da allora tante, troppe cose sono cambiate. Stampavamo col piombo, i computer, costosissimi e poco efficienti, erano ancora una prerogativa delle grandi aziende, Internet e la posta elettronica erano di là da venire. Oggi i giornali, i periodici, i fogli sono molto più numerosi, si scrive di piú, ma si legge di meno. Strano, vero? Forse nemmeno tanto. In un’epoca di eccessiva, ossessiva invadenza delle immagini, spesso banali, spesso piatte e appiattenti, trova meno attrattiva, è meno seducente, la parola scritta. Ma proprio la parola è al centro dei nostri interessi, la parola poetica, la parola evocatrice di sentimenti. La veste sobria del nostro Foglio, dove raramente compaiono immagini e senza il colore, è dovuta sí alla necessità di contenere le spese per una testata che non ha altre forme di entrata se non i contributi degli abbonati e dei collaboratori, ma è dovuta anche a una scelta che vuole anteporre il testo alle immagini.
   In questi anni, con il Foglio volante e con le Edizioni Eva si è creata una rete di amicizie letterarie e di intellettuali legati da vincoli di stima e di amicizia e questo è per noi l’unico motivo (ma non è certo poco) che ci invoglia ad andare avanti. Molti i collaboratori e gli amici che non ci sono piú, ma sono tanti anche gli amici nuovi – amici nostri e amici della parola – in Italia e all’estero.
   Iniziando la nuova annata, ringraziamo collaboratori e abbonati, augurandoci che vorranno ancora essere con noi e che vorranno contribuire a diffondere la nostra (e la loro) voce.

                                                                Amerigo Iannacone

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